Lorem ipsum dolor sit amet
IAA (interventi assistiti con gli animali): il Mio Rottweiler “addomestica” gli uomini.
Chi l’ha detto che soltanto un biondissimo golden retriever, o un tenero
cucciolo di Labrador, possa avere tutte le giuste caratteristiche per essere un cane idoneo da impiegare negli interventi assistiti con gli animali?
Dal 2002 svolgo la mia attività come coadiutore del cane negli IAA, ho avuto al mio fianco diversi esemplari di Rottweiler, e ad oggi posso affermare che non esiste una razza più adatta rispetto ad un’altra per questa attività, bensì ci sono sicuramente soggetti naturalmente più predisposti rispetto ad altri.
Gli IAA (interventi assistiti con gli animali), trovano origine a partire dal 1953, nell’attività più comunemente conosciuta come pet-therapy.
La pet-therapy può essere definita come un’attività/terapia che si basa sul rapporto cane-uomo, in cui ad essere sfruttata è proprio la relazione che si crea tra i due,
apportando benefici nell’uomo a livello psichico-comportamentale, cognitivo e fisico.
Inizialmente la pet therapy era un’attività che veniva svolta esclusivamente come “co-terapia”, cioè come una terapia di supporto che affiancava le più tradizionali terapie mediche, psichiatriche e psicoterapiche.
Nel corso degli anni dopo avere riscontrato molteplici benefici sia a livello psichico che fisico nei pazienti, grazie agli studi che ne hai certificato la validità, le attività con gli animali hanno trovato applicazioni in numerosi contesti non più strettamente terapeutici, ma anche educativi, ludici ricreativi, di utilità sociale, di promozione della salute; per questo motivo, ad oggi, è più corretto parlare di Interventi Assistiti con gli animali” (I.A.A.) e non di “terapia dell’animale da affezione” (pet therapy). Come avevo già prima accennato, mi occupo di Interventi Assistiti con gli Animali dal 2002, e ho iniziato la mia carriera a fianco di un Rottweiler, scegliendola ancora nel corso degli anni come razza per i soggetti che ho impiegato nella mia attività.
È l’amore sconsiderato, che provo verso questa razza che mi porta ancora oggi, dopo tanti anni di impegno a voler sfatare il mito del “rottweiler cane aggressivo, cane pericoloso”
Durante tutti questi miei anni di attività, mi sono speso con dedizione, diligenza, ardore e assiduità affinché fosse resa vana ogni forma di pregiudizio che negli anni ha investito questa razza, dimostrando che qualsiasi cane purché adeguatamente selezionato, addestrato e guidato possa essere un perfetto cane da impiegare negli IAA.
Nel 2003 ho certificato i miei esemplari di Rottweiler impiegati in pet therapy, secondo il protocollo americano della Delta Society, ottenendo così uno dei primi grandi risultati di cui vado fiero. I primi Rottweiler in Italia certificati secondo gli alti standard americani.
Durante la mia esperienza come coadiutore del cane, non ho potuto non notare, che a differenza di quello che si può pensare, gli utenti con cui si svolgono gli interventi
assistiti con gli animali, non mostrano in assoluto nessun tipo di paura “a priori” nei confronti degli esemplari di questa razza; i cani si avvicinano agli utenti senza alcun pregiudizio o schema mentale, per loro non sono “pazienti da curare” ma persone con cui hanno piacere a lavorare, instaurando una relazione fatta di collaborazione; e lo stesso fanno gli utenti nei confronti degli esemplari delle più svariate razze.
Un Rottweiler impiegato negli IAA è un cane che “avvolge”, un cane che inonda di energia positiva e ricerca il contatto fisico; e se “addomesticare” significa “creare relazione”, io posso affermare che Guendalina (rottweiler), Brutus (rottweiler) e Amos (rottweiler) nel corso degli anni hanno “addomesticato” molti utenti, bambini, anziani e disabili creando con loro relazioni e rapporti speciali.
Nel corso degli anni, ho svolto la mia attività a fianco di esemplari anche di altre razze, dai meticci, ai cani da pastore, ai golden retriever, ed è incredibile vedere come ogni singolo soggetto sia in grado di stabilire il suo contatto con gli utenti, in modo diverso, con un approccio tutto suo, che trova fondamento non nella razza a cui
appartiene ma nella sua “sensibilità”, dote naturale, nonché nel modo in cui è stato selezionato ed addestrato.
Un buon coadiutore del cane, ben preparato è sempre in grado di capire che tipologia di cane utilizzare in base alle occasioni, alle persone, al momento. È indispensabile saper rispettare i tempi e i percorsi dei singoli pazienti.
I programmi di IAA vengono sempre concordati con l’equipe sanitaria in base alla tipologia di pazienti (Alzheimer, pazienti psichiatrici, affetti da sindrome di down…).
C’è un percorso graduale da dover rispettare, nel corso degli interventi assistiti con gli animali, gli utenti infatti si avvicinano progressivamente al cane, imparano a relazionarsi con questo, a giocare con lui (tirargli la pallina, il riporto, seduto, terra...), a prendersi cura di lui (lavarlo, spazzolarlo).
In una prima fase si costruisce il rapporto con il cane.
Il coadiutore del cane, che è l’elemento mediatore, tranquillizzante, decide i rapporti di vicinanza-lontananza tra cane e utente, nel
rispetto sia del benessere dell’uomo, che del benessere animale.
L’utente, durante gli incontri, vive questa prima fase come un momento ludico, mirato a creare un legame affettivo e a prendere confidenza con l’animale.
Si favorisce l’interazione cane-uomo privilegiando il canale della comunicazione non-verbale, l’animale infatti svolge un effetto catalizzatore delle emozioni.
In una seconda fase l’utente assume un ruolo “attivo”; si passa quindi al gioco che rafforza il legame stimolando il contatto fisico, favorendo l’innalzamento del tono dell’umore, l’espressione di emozioni positive e migliorando l’interazione. Gli utenti imparano a prendersi cura degli animali: il gesto di accarezzare, pulire, spazzolare il cane potenzia il rispetto dell’altro e quindi di sé stesso, l’evocazione di una
dipendenza diretta fisica dell’animale dall’uomo favorisce l’emergere di stimoli positivi aumentando l’autostima, la consapevolezza di sé e l’autonomia.
Durante l’attività si valutano i miglioramenti tramite vari parametri indicativi: stato emotivo, livello motorio, aspetto affettivo, livello di comunicazione (verbale, gestuale), aspetto cognitivo di presa in carico di una consegna.
Nel corso degli anni, nel trattamento di diversi casi, ho riscontrato risultati molto soddisfacenti, come l’aumento del senso di autostima, dell’autocontrollo,
dell’indipendenza e della autonomia, dando un impulso alla cura di sé stessi, il miglioramento dell’espressione delle emozioni, la diminuzione dell’aggressività,
l’incentivazione della comunicazione verbale e di conseguenza delle relazioni sociali.
Nelle attività di IAA che svolgo, periodicamente, sempre in accordo con un lavoro di equipe, sono gli utenti a recarsi presso il mio centro cinofilo “The flying black dog”, per imparare nuovi esercizi da attuare con il cane, ma anche per avere l’occasione di interagire con esso, in un ambiente nuovo, con stimoli diversi.
Con alcuni utenti sono riuscito perfino a preparare e condurre i cani in mostre ufficiali Enci e gare del settore; sono state esperienze uniche, che mi hanno reso orgoglioso ed entusiasta nel vedere la “relazione terapica” applicata
nell’instaurazione di un rapporto di piena fiducia che caratterizzava il binomio “utente-cane” in campo di gara.
Mi è stato spesso chiesto che tipologia di addestramento ho svolto con i miei cani impiegati negli IAA; riguardo questo argomento ci sarebbe molto da dire, pur avendo poche guide ufficiali su cui basarsi.
È certo, che non esiste un tipo di addestramento specifico che fa sì che un cane diventi un esemplare impiegabile negli IAA; bisogna sicuramente intraprendere un cammino che prevede la formazione del coadiutore del cane, tramite la partecipazione a corsi specifici; per quanto riguardo il cane invece è sicuramente consigliabile scegliere un cucciolo che fin da piccolo mostri per indole naturale, caratteristiche specifiche, quali: docilità verso tutti, assenza di atteggiamento pauroso e fobico, equilibrio, socialità eterospecifica, voglia e piacere al lavoro e alla
collaborazione con l’uomo, prevedibilità, adattabilità, resilienza e resistenza, per poi abbinare a tutto questo un percorso di addestramento che porti al raggiungimento di determinate competenze.
Nel 2010, dopo già diversi anni di esperienze nel settore, con diverse razze, insieme a Sabrina Gasparri, abbiamo ideato e scritto la PACSU (prova attitudinale cani socialmente utili).
La PACSU è una prova che si pone come obiettivo la valutazione delle attitudini del cane ad essere impiegato in diversi ambiti di utilità sociale; il regolamento prevede l’esecuzione da parte del binomio e il conseguente giudizio dell’esaminatore di 17 esercizi, che hanno appunto, tutti, lo scopo di verificare che il cane abbia le caratteristiche necessarie per essere successivamente inserito in programmi di formazione adeguati del binomio.
Ad oggi il regolamento della PACSU è stato approvato, ed è valido soltanto
all’interno del Retriever Club Italiano, precursore e da sempre attivo nell’impegno per portare avanti le attività degli IAA.
In mancanza di linee guida ufficiali, ho da sempre riposto molta fiducia fin
dall’ideazione del regolamento della PACSU, affinché un giorno questo possa assumere validità a livello nazionale, e non più soltanto all’interno della realtà
retriever; sarebbe infatti un modo per spazzare via la poca chiarezza e dare un aiuto nella preparazione del cane da impiegare negli IAA.
Per quanto riguarda la formazione del
Coadiutore invece, già da diversi anni, il Ministero della Salute, ha emanato delle linee guida a riguardo, affinché possa avvenire la giusta formazione di tale figura professionale di rilevanza fondamentale negli IAA.
Dopo anni in cui era consentito operare in pet therapy, senza dare il giusto peso all’importanza di una figura professionale del settore, ad oggi per diventare
“coadiutore del cane” è necessario partecipare ai corsi previsti dal percorso formativo (corso propedeutico, base e avanzato); duranti i corsi i partecipanti avranno degli obiettivi formativi da raggiungere, delle competenze da acquisire, dei periodi di stage da svolgere e l’esame finale da sostenere; a tutto questo seguirà il rilascio
dell’attestato di idoneità e l’iscrizione agli elenchi regionali dei coadiutore del cane. È necessario portare a termine questo iter- formativo per essere professionalmente pronti a svolgere le attività previste duranti gli IAA.
Vivere le esperienze degli Interventi Assistiti con gli animali, porta la figura del
coadiutore del cane a venire a contatto con emozioni uniche, che ti “avvolgono” a 360 gradi, ma allo stesso tempo bisogna essere pronti a non poter mai tralasciare il ruolo professionale, abbandonandosi completamente alle più svariate emozioni; personalmente mi sono trovato spesso ad essere testimone di situazioni emotivamente forti, in cui cane e uomo si fondono in un legame speciale, ma sempre pronto ad intervenire, leggendo i canali di comunicazione uomo-cane, qualora la
situazione lo richiedesse.
Durante la mia attività ventennale, sono molti gli episodi e le storie che mi hanno lasciato emozioni e sensazioni indescrivibili; fra queste ne vorrei ricordi due in particolare:
La prima storia è quella di Gaetano; quando ho conosciuto Gaetano, uomo affetto da schizofrenia post traumatica, l’ho conosciuto con un feticcio, pieno di buste e fogli di cui nessuno conosceva la provenienza, né il contenuto; non si separava mai da questo, guai a toccarglielo. Durante i primi incontri, la sua partecipazione era parziale, quasi inesistente; stava seduto con il feticcio tra le braccia, dando attenzione soltanto a questo. Incontro, dopo incontro, anche se soltanto con gli occhi, mostrava interesse nei confronti del cane, ma con le sue mani sempre impegnate a sostenere il feticcio non riusciva ad avere nessun contatto fisico. Fino a quando un giorno gli proposi, di spazzolare Guendalina; gli dissi che avrebbe tenuto il feticcio sulle gambe, nessuno glielo avrebbe toccato, e così accettò. Riuscimmo con il tempo, a far sì che Gaetano posasse il feticcio su una sedia, sempre all’interno del suo raggio visivo, così da poter avere le mani libere e riuscire ad interagire con il cane, tramite la cura di questo e il gioco; per Gaetano il feticcio adesso non era più il suo unico scopo di vita.
L’altra storia è la storia di Cristiano, un’esperienza questa dai risultati assolutamente inaspettati ed incredibilmente positivi. Protagonisti di questa storia sono: Cristiano - un ragazzo affetto da autismo secondario, ritardo mentale grave da encefalopatia rubeolica, grave deficit visivo, ipoacusia grave - e Brenda, un rottweiler di due anni
allevato ed addestrato da me, che, da quando era cucciola, ha sempre vissuto con Cristiano aiutandolo a sorridere!
Un merito speciale va anche a Cristiano e alla sua famiglia (mamma, papà e sorellina) che si sono impegnati in questo percorso, seguendo e rispettando tutte le attività che con un’equipe specializzata coordinavamo. L’obiettivo era quello di riuscire a far concentrare l’attenzione di Cristiano su Brenda tramite semplici azioni (lancio della pallina, somministrazione di bocconcini…).
“Semplici azioni” che per Cristiano richiedevano un grandissimo sforzo, ma che con l’aiuto e la voglia di collaborare, sorridendo insieme alla sua Brenda (rottweiler) è riuscito pian piano a svolgere sempre con più naturalezza ed armonia.
Francesco Pavone
www.theflyingblackdog.it